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Il CBD è commercializzabile in tutta Europa: lo decide la Commissione europea

Aggiornamento: 9 feb 2023

Gli ultimi mesi di quello che è stato un 2020 veramente tumultuoso sono stati caratterizzati da delle decisioni a dir poco storiche e sorprendenti per quanto riguarda la cannabis e il CBD. Risale infatti allo scorso novembre la notizia secondo la quale la Commissione europea ha stabilito che la cannabis non è uno stupefacente e che il CBD può essere tranquillamente commercializzato tra gli stati dell’Unione Europea. Un’ottima notizia per coloro che fanno uso delle varietà diverse di cannabis light e di altri prodotti a base di CBD, che in questo modo saranno sempre più facili da reperire presso shop fisici o online. Ma vediamo nel dettaglio cosa ha portato a questa decisione rivoluzionaria.



La decisione sulla CBD


Come mai questa decisione, questa spinta alla liberalizzazione quasi inaspettata? La risposta è che il fattore scatenante nasce in realtà da un processo svoltosi in Francia a carico di due imprenditori, colpevoli di aver messo sul mercato una sigaretta elettronica a base di CBD. Il problema principale era la provenienza di questo CBD. Infatti esso era stato importato dalla Repubblica Ceca così com’è, e secondo la legge francese possono essere importati soltanto semi e fibre di canapa e nessun altro prodotto in nessuna altra forma che derivi da questa pianta. Gli imprenditori erano stati inizialmente condannati a 18 e 15 mesi, oltre a dover anche pagare un ammenda di 10.000 euro, ma essi hanno deciso di ricorrere in appello, e tale decisione si è rivelata vincente. Infatti la Corte ha stabilito che la legge comunitaria è al di sopra di quella dei singoli stati, e quindi ha di conseguenza escluso l’applicabilità delle regole della Politica Agricola Comune, ovvero la PAC, dato che il CBD non è da considerarsi né un prodotto agricolo né uno stupefacente.


Giudizi su base scientifica e non su pregiudizi e luoghi comuni


La Corte ha inoltre sottolineato che i giudici, quando si trovano di fronte a casi come questi, devono giudicare in base alle conoscenze e ai dati scientifici più aggiornati, e non rifarsi a vecchi pregiudizi e convenzioni che cadono ormai, giorno per giorno, nel dimenticatoio. Evgeni Tanchev, avvocato generale della Corte di Giustizia europea, aveva sottolineato già a maggio la nascita di questo problema tra Francia e Repubblica Ceca, e riferendosi agli articoli 34 e 36 del trattato Istitutivo dell’Unione Europea aveva fatto presente la che la commercializzazioni di questi prodotti era consentita, e che gli atteggiamenti protezionistici dei singoli paesi non avevano valore a riguardo. C’è quindi a livello europeo una spinta maggiore alla liberalizzazione di quanta invece ce ne sia nei singoli stati, ma questa decisione è destinata a cambiare definitivamente le cose anche nei vari paesi dell’UE.

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